Giovedi mattina mi alzo e mi precipito sulla terrazza per fare colazione. Ho scelto di tornare in questo posto a dormire per le magiche colazioni che ho fatto con Sophie e per tutti i ricordi che ho di Kathmandu. In realtà l'ostello ha dei lavori in corso, il letto è duro come il marmo, il bagno è sporco e puzza ma io sono felice. Avrei potuto andare in uno migliore, avere la mia stanza privata, il mio bagno privato e più confort ma nel momento della scelta mi sono resa conto che non importava, che cercavo semplicità ed emozioni. Come non importa il dover condividere la stanza con altre 3 ragazze che fanno una cagnara bestiale. I giovani sono tutti qui per partire per un trekking, è la stagione giusta per farlo. Mi fa una grande stranezza essere in Nepal e non prendere parte a nessuna avventura a piedi. Esco dall'ostello e inizio a camminare schivando buchi, auto, bici, ecc. Sento il profumo di terra mischiato all'incenso. Mano a mano che mi allontano dalla zona turistica aumentano i mercati e diminuiscono i colori e le stoffe. Mi dirigo a Durban Square per sentirmi parte di questa città che un po' mi appartiene. Rivedo gli stupa incastrati tra cavi, case e motociclette; rivedo i negozi incassati in case antiche di stile newari, rivedo i dolci visi delle persone che hanno perso molto senza smettere mai di lottare. Vorrei sedermi sulle scalinate di un tempio come nel mio primo viaggio, ma la distruzione del terremoto ha distrutto pure l'animo sereno di questo luogo. Preferisco camminare e ancora camminare. Il pomeriggio scorre tra una sana pausa pranzo a base di momo, la visita al mio amico Orjun, la visita a Ram dell'agenzia di trekking. La sera decido di andare a cena in uno dei ristoranti più carini di Thamel e incontro i camerieri che ci hanno servito più volte in questi anni. È bello essere parte di tutto questo. Vado a dormire serena.

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